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EPISTOLA I.


AL CARDINALE DI PRATO.


( 1304 )


ARGOMENTO.




Il cardinale Niccolo Albertini di Prato gran politico de’ suoi tempi, nemico del furor delle parti, benchè d'origine ghibellino, fu mandato il 1303 da Benedetto XI a Firenze con autorità di Legato e Paciere per accomunare i Guelfi e Neri signoreggianti co'Ghibellini e Bianchi fuorusciti. Firenze si diede spontaneamente nelle mani del Legato il marzo del 1304, ma per sospetto preso dai Neri la pace universale non seguì. Andossene il Cardinale a Prato; e villanamente di colà cacciato, venne di nuovo a Firenze, ove tentò gli ultimi mezzi del cominciato accordo, facendo dall’una e dall'altra parte venir commissarii, e indirizzando messaggi e lettere agli usciti, acciocchè desistessero da ogni assalto, e deposte le armi commettessero le loro ragioni al suo paterno giudizio. Essi già prima erano corsi armati fino a Crispino e in Mugello, come narra il Villani *) a); ed allora, per le ammonizioni del Cardinale ristretti a consiglio, attendevano i successi del negozio. Vedesi nel principio dell’epistola (se la sigla non è da interpretarsi diversamente), che il conte Alessandro di Romena era lor capitano anche prima della infelice impresa della Lastra, che pose il suggello alla dappocaggine de' Bianchi. Fra i consiglieri o sindaci era Dante, autor dell'epistola. Egli persuadeva che si desse ascorlto alle parole del Legato. Nel contesto abbiamo deliberazioni difficili, insegne spiegate e ferri imbranditi a solo fine di costringere alla pace la parte contraria. I Bianchi si protestano figliuoli devoti e pronti ad ubbidire. Questi trattati ebbero fine con la partita del Cardinale da Firenze, ch’el lasciò interdetta, e con guerre cittadine, incendii ed uccisioni ch’indi seguirono. - Vedi sul proposito ciò che toccai nel [ ]VIII della Prefazione, ed anche il susseguente Ragguaglio del Prof. Witte, Let. C, al n° 6.


  • ) Vedi le note in calce alla Lettera.



Dante, Epistole.