Pagina:Erodiano - Istoria dell'Imperio dopo Marco, De Romanis, 1821.djvu/240

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mancò neppure di farsi precedere dal fuoco, non si volendo (benché per momenti) in niuna cosa menomare Cartagine da Roma.

Intanto non restava di mandare continue lettere in Roma a’ più ragguardevoli senatori, tra’ quali ci avea di molti parenti ed amici. Scrisse eziandìo pubblicamente al senato e popolo romano, facendo loro conoscere avere tutti quei popoli consentito in lui: accusava la crudeltà di Massimino, che sapea essere incorso nell’odio di tutti. E, cominciando a dare prove di benignità, punì di esiglio tutte le spie, e quei, che non servati gli ordini delle leggi erano stati condannati, restituì a’ suoi diritti, concedendo loro una nuova appellazione. Fece rivenire in patria tutti gli. esigliali, e al popolo e alla soldatesca promise dare più doni e soprassoldi, che mai nessun per innanzi.

Tenne poi modo di fare uccidere in Roma stessa Vitalliano prefetto del pretorio, uomo fiero e crudele e tutto di Massimino, temendo a ragione che non se gli opponesse, e, interrorendo gli altri, gli rimuovesse dal suo partito. Mandò dunque il questore della provincia, giovine audacissimo, che al fiore dell’età aggiugnea una gran forza e robustezza, e tal devozione che per lui sì sarebbe messo a ogni rischio, e gli dà per iscorta certi soldati e capitani, e insieme