rocchè venendo voi spesso alle mani co’ barbari, avvezzandovi ad ogni spezie di fatiche, a disprezzare il caldo ed il freddo, a camminare sopra i fiumi ghiacciati, a ber acqua non attinta, ma tagliata colla scure, a vegliare tutta notte per tener lontane le fiere, divenuti siete sì valorosi ed esercitati nell’arte della guerra, che non credo vi sia chi possa contrapporvisi. E certo la fatica fa il soldato, e non la mollezza: e quei che mollemente sono sì lungo tempo vivuti, non si vogliono tenere da tanto di potere la voce vostra, non che la battaglia, sostenere. Ma se vi fosse chi si spaventasse de’ sirj, potrà egli ritrarre idea della loro fiacchezza e debile speranza dal non aver essi ardire di muoversi e di venire verso Roma, e per lo meglio, là rimanersi, dandosi a credere che i giornalieri passatempi sieno premio sufficiente di un poter contrastato. Sono i sirj di loro natura dediti a’ giuochi ed a’ motteggi, e si crede che quei di Antiochia massimamente favoriscano Negro. Imperocché le altre nazioni e città, non vedendo nessuno che degno sia dell’imperio, e capace di governare con animo grande e con modestia la repubblica, fingano per ora di obbedirlo. Venuti poi in cognizione che l’esercito d’Illiria si è creato un altro principe, ed udito che avranno il nome nostro