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48 ESPERIEN. INT. AGL’INSETTI

mi, e così schivi e delicati che non solo non si cibano delle carni morte, ma nè meno su quelle si posano, e l’hanno incredibilmente a schifo. N’ho più volte in varj tempi ed in luoghi diversi fatta esperienza, attaccando de’ pezzi di carne sopra ed intorno agli alveari; e mai le pecchie ad esse carni non si son volute accostare; e se voi, Signor Carlo, non lo voleste totalmente credere a me, datene fede per lo meno ad Aristotile nel cap. quarantesimo del IX. lib. della Storia degli animali; credetelo a Varrone, a Didimo, che lo copiò da Varrone, al greco Manuel File che, cavando quasi interamente la su’ opera da Eliano, fiorì ne’ tempi o di Michele Curopalata, o vero di Michel Balbo imperatori di Costantinopoli:

καὶ ζῆ μὲν ἁγνὸν ἡ σοφὴ σχεδὸν βίον,
ἄγευστος πὔσα νεκρικῶν σπαραγμάτων

e finalmente a Plinio, che nell’undecimo libro lasciò scritto; Omnes carne vescuntur, contra quam apes, quae nullum corpus attingunt. Ma il buon Plinio, scordatosi forse poi di aver ciò riferito, contraddicendo a sè medesimo nel capitolo decimoquarto del ventunesimo libro scrisse: Si cibus deesse censeatur apibus, uvas passas siccasve ficosque tusas ad fores earum posuisse conveniet. Item lanas tractas madentes passo aut defruto, aut aqua mulsa. Gallinarum etiam crudas carnes.