Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/296

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5
     Ma ov’è Belforte? nell’error profondo
di quest’urna fatale, io nol ravviso
dell’oscura giacer vorago al fondo!
Che in vita fosse dal mio sen diviso
dunque non ti bastò, barbara sorte,
che me l’involi ancor dopo la morte?
6
     Invan lo tenti. La maligna soglia
varcherò della fossa tenebrosa,
e, brancolando, cercherò la spoglia
gelida e cara, ove tu l’abbia ascosa.
Ma, oh Dio, qual voce! qual fragore orrendo!..
Santa amistá, tu mi proteggi... io scendo...
7
     Veggo... ah! si veggo uno colá che dorme
profondo sonno, in bianco lino avvolto!
ma non ritrovo nel sembiante informe
i noti segni dell’amato volto!
Gli occhi son scarni e livido marciume
copre la bocca di gementi spume!
8
     Dimmi: sei quello di cui vado in traccia,
a me si caro, alla tua patria, al mondo?
Rispondimi, crudel: fra queste braccia,
senti, io ti stringo, e del mio pianto inondo.
Ti celi invan; ti riconobbi; ah! porgi
la destra a me, prendi un amplesso e sorgi.
9
     Sorgi, cantor di Mergellina, invitto
nella pietá, gloria e splendor de’ tuoi;
ritorna in riva del Sebeto afflitto,
o miglior degli amici e degli eroi.
Ma con chi parlo? Deila morte il gelo
regna in quel corpo!... Eh, che Belforte è in cielo!