Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/372

Da Wikisource.
366 sciolti

25Creduto un dio, vivendo, uomo il conobbe
l’estremo dí la soggiogata terra:
ma d’Eunomo la prole, a cui non calse
di regno, e sol di gloria e d’esser saggio,
lasciò nuovi costumi e, esempio al mondo,
30non che alla Grecia, cittadini e Sparta.
Se nei verd’anni tuoi del primo osasti
tentar le imprese, del secondo imita,
eroe maturo, i benefici: allora
gloria sicura merterai vivendo,
35e alfin, morendo, domerai l’invidia.
Virtú, qual face senza fumo, splende,
estinto quei che la possiede: è sempre
dannosa a quei che vive infra i corrotti.
     Né a chi or facil ti plaude o ti lusinga
40pieghevolmente prestar fede intera.
Al potente, che è vivo, onori rende
il timor dei soggetti: al grande estinto
solo color ch’ei fe’ felici e il voto
meritato dei saggi e delle genti.
45Se tal ti mostri, il nostro popol giusto,
te distinguendo, fra i latini e i greci,
te preferendo dell’Ausonia ai figli,
ai batavi, ai germani, agli angli, ai franchi,
fará de’ fasti tuoi specchio ai nipoti.
     50Se mal fondata ambizion di regno
te seducesse invece, e sugli avanzi
d’ancor non spenta libertade ergesse
infermo trono, da ricchezza e lusso
protetto e cinto, ahi! che il tuo nome io veggo,
55di fosca luce scintillante, in mezzo
di bassa nebbia raggirarsi, invano
nato a la lode, e non destar piú raggi
di soave speranza ai di futuri.
Né sgomentarti: ardua è l’impresa, è vasta
60l’opra; ma l’arduo a l’uom di genio è cote
onde aguzzar lo spirto e farlo eterno:
e a chi vuole e a chi può conviene il vasto.
Da sí tenui principi osserva Roma
ciò che divenne, del sorpreso mondo