Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/378

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372 sciolti

265agli abitanti e alle province mezzi
sobri d’industria e di commercio alterno.
Nel miglior dono della patria, figli
dell’esperienza e dell’ingegno, scelta
di un giuriì di sapienti, i magistrati,
270il popolo sovrano ed i maestri
trovino i libri elementari, certa,
lucida norma dei doveri, i sacri
principi e mezzi d’ogni scienza ed arte.
     ... Né istrumenti del ben mancan, fra molta
275scabie di lucro e di egoismo e tanto
contagio impuro di stranieri esempi.
Credilo a me: d’ignoto merto abbonda
piú che di noto Italia, e, mentre spesso
il docil vizio e un cieco onor si esalta,
280quanta inerte virtú tace sepolta!
Facil fia rinvenirla, e facil anco
ritrovar chi, maggior d’ogni lusinga,
generosa l’additi e poi si asconda.
L’esperienza, del ver figlia e ministra,
285giá ci additò, nei casi dubbi e avversi,
chi ama la patria: chi non l’ama è vile,
o con l’opre e coi scritti o col consiglio:
mentre dice d’amarla, altrui la vende.
Ma non hai d’uopo dimandarne: il saggio
290è sempre dove la modestia alberga.
Vano è trovarlo ove strisciando morde
dei rettili la turba, ornata e carca
d’argentee liste e di dorate squamme.
Cercalo in mezzo ai solchi; ei pota o guida
295l’onorevole aratro, o a mensa siede
fra il vecchio padre e la pudica sposa
e i crescenti alla patria utili alunni:
Fabrici e Curi rinverrai. Lo indaga
fra quell’alme di guerra, a cui ricopre
300veste inadorna cicatrici oneste,
che ultimi sono alla mercede e primi
sempre al periglio: scoprirai Cannili,
Deci, Fabi, Torquati, Orazi e Scipi.
Fra quei duci e nocchier chiamalo, a cu,