Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/381

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485Son fole di ministri, arti del trono,
di venali scrittor cognite astuzie,
crear timori, immaginar discordie.
La stessa causa ci fa amici : omai
il periglio è comune, ed indistinta
490è dei popoli liberi la sorte.
Chi osar potrá contro l’invitta possa
di Gallia e Italia, di Batavia e Elvezia,
rese a se stesse ed ai capricci tolte,
dai benefici in amistá congiunte?
395Chi potrá cancellar, con qual stromento,
dal cuor dell’uomo i conosciuti dritti,
della nascente America l’esempio,
i sacrifizi, i nomi, i patti, il sangue,
che fuma ancor sulla tradita terra,
400che grida ai figli ed ai nipoti: — Questo
fu versato per voi? — Forse i sofismi
dei due poteri, fra di lor discordi,
benché di nuovo congiurati : i riti
per vecchiezza impotenti; le ricchezze,
405madri del lusso e delle colpe, ognora
della miseria pubblica compagne?
Forse di nuova tirannia l’industre
gergo insidioso, la celata forza
di venduti satelliti, l’usata
410arte di minacciar, se forti, i dotti,
di comprarli, se vili; o i giá risorti,
del gallico colosso all’ombra antica,
dommi servili, longobardi e franchi?
414-8 .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
     Assai non dissi; ma, se alcun, che spesso
420zelo fingendo, tradimenti occulta,
mai bisbigliasse ch’io troppo dicessi,
l’onor d’Italia mi vi spinse, il mio,
la gloria tua, nell’altrui ben riposta,
e la speranza che ne sii capace.