Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/432

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426 varie

     205Partiamo; e, tratti in mezzo ai venti alati,
d’isola ignota rivolgiamo il piè
ad incogniti lidi abbandonati,
     ove sicuro sia della sua fé
il mio geloso amor, lá dove a lui
210io tutta sia come egli tutto a me.
     Vi giungo, e la natura, a’ vezzi tui
commossa, su dei scogli i fiori adduce,
e spiega il carco sen de’ doni sui,
     e, seconda al mio amor, si riproduce,
215ed una selva, pria dal sol difesa,
cangia in soggiorno di amorosa luce.
     Qual fu, Rinaldo, allor la tua sorpresa
quando le luci apristi! Armida innante
ai piè del vincitor sedea distesa:
     220quell’Armida crudel. che, pria un istante,
armata dal dispetto e dal furore,
tentato avea svenare il proprio amante,
     temendo anche essa il tuo crudel rigore,
sembrava che implorasse ai propri ardori
225la pietade d’un Dio tutto terrore.
     E, abbandonata ai giusti miei timori,
io tí abbracciava le ginocchia, intanto
che ti spargea di lacrimosi umori.
     — Scender mi vedi su le gote il pianto,
230— ti dissi: — ei possa almen, Rinaldo amato,
quel che far di miei vezzi il dolce incanto
     valor non ebbe. Io t’amo... e l’incendiato
mio cor per prezzo del suo amor sincero
chiede ancora da te d’essere amato.
     235Credimi; invano aspiri al soglio altero
di Solima. Rinuncia a un fragil pegno
della speranza... Io t’offro un altro impero;
     un impero piú dolce e assai piú degno
di te, l’impero del mio cor, che cara
240sará tua sede e che a tua fede impegno.
     Abbandona quel ferro, e quell’avara
di te corazza. Lascia agire il Perso,
Saladino e la triplice tiara,