Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/60

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54 odi



     25L’ardito sveco, che alle russe antenne
vietò solcare per l’egea marina,
e dell’impero oriental trattenne
l’alta ruina?

     L’odrisio duce, che qual fiume inonda
30regni e province, né ritrova inciampo?
Cesar, che armato su l’istriaca sponda
medita in campo?

     Cuore non serbo sì feroce e stolto,
che ai forti amici della morte arrida:
35veggo chi cade fra i destrier sepolto,
n’odo le strida!

     Canterò forse chi all’empirea sede
schiude le porte con l’augusta mano,
che Pio nel nome e pio nell’opre siede
40in Vaticano?

     che le smarrite arti richiama e rende
dell’util plebe e del poter sostegno?
Invan tant’alto di poggiar pretende
l’umile ingegno.

     45— Dio trino ed uno, che al girar del ciglio
misuri il mondo e dei mortali i giorni,
tu fa’ che al cielo dal terreno esiglio
tardi ritorni! —

     Ma qual del Pincio sovra il colle aprico,
50ahi, nuova tomba al tuo Labindo additi?
T’intendo: a pianger di Le Seur l’amico
oggi m’inviti.

     Lá, poca polve, in notte taciturna,
gallico genio, il buon Jacquier riposa:
55veggo Sofia, che su la gelid’urna
siede pensosa.