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56 odi


XXXII

A un ministro napoletano

(1789)

     Quanta è fra il lupo e fra l’agnel discordia,
tanta fra l’alma d’Iro e l’alma mia:
né creder, perché avvolto in auree spoglie,
che non si scorga in te Tiro di pria.

     5Grande non rendon le ricchezze, celebre
non rende, amica di viltá, fortuna;
ma il saper, la pietá la tomba additano,
e si assidono eterni ov’hai la cuna.

     Assiso in cocchio, tu non vedi il popolo
10volger altrove disdegnoso il ciglio?
Voci non odi di disprezzo libero
di un padre infame maledire il figlio?

     — Ve’ come, altier di sua fortuna — esclamano, —
nell’òr mal cerco e nelle gemme esulta!
15Ve’ come ride, e a’ disperati gemiti
della nostra miseria avido insulta! —

     Me i dotti amici per le vie trattengono
e la fraterna plebe ama e rispetta;
me benedice salutato il povero,
20ed il varco ad aprirmi urta e s’affretta.

     Passo, e con dolce mormorio ripetere
odo: — Ecco il vate cui non diêr le muse
steril cor, voglie avare! Ecco chi impavido
gli oppressi sollevò, gli empi deluse! —