Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/115

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parte prima. 107

Mefistofele. Non oggi; chè volevam tirare innanzi. Ma l’abbiam veduto non ha guari, e ci parló a lungo de’ suoi cugini e molto ci raccomando di salutarli in suo nome. (S’inchina verso Frosch.)

Altmayer (piano). Ci sei colto! Tanto sa altri quant’altri.

Siebel. È una volpe vecchia.

Frosch. Sta a vedere com’io gliela fo.

Mefistofele. S’io non m’inganno, noi abbiamo poc’anzi udito cantare in coro molto maestrevolmente. E in vero sotto questa volta la voce dee fare un bel rimbombo.

Frosch. Sareste a fortuna un virtuoso?

Mefistofele. Oh, no! la virtú è poca, ma grande il diletto.

Altmayer. Cantateci una canzone.

Mefistofele. Mille, se vi è in grado.

Siebel. Qualcosa di non mai più udito.

Mefistofele. Noi veniamo di Spagna, che è il bel paese del vino e delle canzoni. (Canta.)

        V’era un re che aveva in corte
     Una pulce1 molto rara;

Frosch. Date ascolto! una pulce! Avete voi ben afferrato ciò? Per me una pulce è tanto o quanto una seccaggine.

Mefistofele canta.

        V’era un re che aveva in corte
     Una pulce molto rara;
     E quel re l’amava forte;
     Come un figlio ei l’avea cara.

  1. Pulce in tedesco è mascolino.