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460 | fausto. |
Il Guardiano della torre, parlando colla tromba marina come sopra. Oh! come il variopinto lancione vien lesto alla nostra volta col favore della brezza vespertina! Oh! come tutto è stipato di casse, di forzieri, di sacchi! (Compare una lancia magnifica ed elegante, con carico ricco e svariato di prodotti de’ lontani paesi.)
MEFISTOFELE e i TRE CAMPIONI suoi compari.
Coro. Già presso è la riva;
Sul lido scendiam.
Di salve, d’evviva
Al donno e signore
Onore — rendiam!
(Scendono dal lancione, e sbarcano tutte quelle ricchezze.)
Mefistofele. Ci siamo diportati da prodi; beati noi se n’avremo l’approvazione del padrone! Due soli erano al partire i navigli, e adesso entriamo in porto con una ventina: che s’è fatto, operato un mondo di cose grandi, rilevar puossi dal nostro carico. Il libero oceano emancipa lo spirito: chi è che sappia, mentre si vanno solcando le onde, che diavolo sia la calcolatrice prudenza? Là poca gente ma ardita è quanto occorre per fare fortuna: adesso un pesce, poco stante ti vien presa una nave: e come ti riesca d’averne tre, ti dà in mano la quarta; quanto alla quinta, guai per essa! chi ha forza ha diritto — la è spacciata in brev’ora. Domandasi il perchè, e nessuno s’imbarazza del come. Ch’io punto punto non m’intenda di nautica, se la guerra, il commercio, e la pirateria non sono una terna indivisibile.