Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/68

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l’abbiamo avvolto in mondissimi tessuti, e, lasse! Cristo non è più qui.

Coro di Angeli. Cristo è risuscitato. Beati quelli che hanno amato, quelli che agguerriti sostennero il doloroso e salutare cimento.

Fausto. Soavi, angeliche note, a che venite a cercarmi nelle dolorose mie tenebre? Fatevi udire là dove sono uomini meno indurati di me. Ben io intendo il vostro messaggio, ma mi manca la fede; e il miracolo è il figliuolo prediletto della fede. Io non oso levare la mia mente sino alle sedi donde mi viene la propizia novella. E nondimeno, avvezzo dai miei teneri anni a questi suoni, io mi sento riconciliare alla vita. Un tempo, nell’austero riposo della domenica, scendeva sino a me il bacio del divino amore. Dalla piena armonia delle squille mi uscivano non so che incogniti presentimenti, e nell’orazione era un ardente diletto. Un fervore incomprensibilmente santo m’invogliava d’uscir fuori a divagarmi per selve e per prati, ed ivi versando dirottissime lagrime, io mi sentiva entrare in un mondo novello. Simili cantici annunziavano gli allegri giuochi della gioventù, i festosi diporti della primavera; ed ora queste rimembranze, ravvivando in me il sentimento della fanciullezza, mi rimovono dall’ultimo, irreparabile passo. Oh, tornate a risonare, inni soavi e benedetti! Ecco le mie lagrime scorrono, e la terra mi ripossiede.

Coro di Discepoli. Il sepolto ha riassunto la vita, e si è splendidamente levato in alto; egli si gode a lato all’eterna letizia, che tutto sostiene e governa. Ma noi, miseri! rimaniamo in dolore quaggiù in