Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/93

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parte prima. 85

altro morso; ecco fatto. Ora, Fausto, sogna a tua posta, fino a che ci riveggiamo.

Fausto svegliandosi. Sono io un’altra volta deluso? Dov’è lo stuolo degli spiriti? dove i fantasmi? Fu un bugiardo sogno quel diavolo? ed era veramente un barbone colui che si è trafugato?


STUDIO.


FAUSTO e MEFISTOFELE.

Fausto. Picchiasi? Avanti! chi viene ora a darmi nuova noia?

Mefistofele. Son io.

Fausto. Avanti!

Mefistofele. Tu devi dirlo tre volte.

Fausto. Orsù, avanti!

Mefistofele. Così mi piaci; e noi ce la intenderemo insieme, spero. E già, per cacciarti del capo le fantasticaggini, eccomi a te razzimato come un gentiluomo; con un giubbone di scarlatto listato d’oro, un mantello di rigida seta, la penna del gallo in sul cappello e un aguzzo spadone al fianco; e, senza più, ti consiglio che tu faccia il medesimo, e svincolato e fuori d’impaccio, esca meco a sperimentare la dolce vita.

Fausto. In qualsivoglia veste io proverò le noie e l’angustia di questo viver mortale. Son troppo vecchio per attendere solo a’ piaceri, e troppo giovane perchè tacciano in me tutti i desiderii. E che