Pagina:Ferrario, Trezzo e il suo castello schizzo storico, 1867.djvu/30

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nobili che andarono salvi dalla sventura toccata a loro fratelli, cercarono un rifugio nel castello di Brivio; dove, sebbene stretti da un vigoroso assedio, resistettero a lungo col coraggio della disperazione; finalmente, caduti in potere dei vincitori, grazie ancora alla mitezza d’animo di Martino Torriano, alcuni sostennero solo l’esiglio, ed altri la prigionia nel Castello di Trezzo.

Ma per la morte di Martino, seguita nel 1263, la sorte di quelli infelici peggiorò. Il 4 di febrajo del 1266 furono levati dal Castello di Trezzo ventotto prigionieri e condutti a Milano, dove, per commando di Napo della Torre, venivano decapitati sulla piazza di S. Dionigi. Tanto sangue di nobili versato destò l’orrore e l’indignazione persino fra gli stessi Guelfi. Li esuli disgraziati proseguivano anche nel 1275 i loro maggiori sforzi per rientrare in patria, riacquistare i beni confiscati e prendersi la rivincita sul loro nemico. Soccorsi da quelle milizie provenzali ch’erano venute nel Milanese per ordine del re Carlo d’Angiò, minacciarono anche il passo di Trezzo, ma trovarono il ponte e il castello difesi da buon numero di militi.

Mentre nel luglio del 1278 duecento fra Milanesi e Martesani stavano costruendo un ponte sull’Adda, sorpresi da una banda di popolani, furono fatti prigionieri. Cassone Torriano capo degli assalitori li fe’ slegare; e, postone uno fra ogni due de’ suoi soldati, li costrinse così a battersi contro i Visconti.