Pagina:Ferrero - Appunti sul metodo della Divina Commedia,1940.djvu/246

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chiesette e le capanne che non sorpassano le loro spalle curve. E alcuni zappano, con una barba bianca più lunga del fiume, i piccoli orticelli annessi, ove ogni filo d’erba è diligentemente miniato. E altri pregano Dio, murati nella cella, e altri insegnano ai lupi le sacre scritture e conversan con pantere docili, e rimproverano le volpi perchè hanno strangolato un povero gallo, anch’egli fratello. E pare che il Cielo non possa mai essere meno azzurro, su quelle anime azzurre.

C’è tutta l’ingenuità, l’afflato idillico, il sentimento della natura, il misticismo che si poteva pretendere in un manifesto romantico. Eppure l’Arte del Trecento è la reazione dell’Arte classica contro quella bizantina, ossia contro l’Arte ellenistica, decadente, trapiantata con elementi orientali in Italia nel V secolo. E avviene nel trecento una rivoluzione simile a quella dell’ottocento.

Mi pare dunque di aver dimostrato che l’Arte romantica non si può definire con precisione, perchè è la trasformazione rivoluzionaria, e quindi sempre diversa, di un aspetto particolare dell’Arte classica. Ma questa reazione regionale, ho detto poco fa, può diventare una vera rivoluzione, quando si sviluppano i germi della decadenza, che porta spesso nella carne.

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