Pagina:Ferrero - La palingenesi di Roma, 1924.djvu/36

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la creazione 25


della democrazia? Così gli idillici rapporti fra il senato concepito come un « consesso di Re » e la plebe, sui primordi obbediente carne da macello, sempre pronta per il mattatoio delle battaglie, si fanno a poco a poco torbidi e violenti; quella docile moltitudine di cittadini-eroi diventa tumultuosa, sediziosa; accecata dai propri interessi non vede più quelli della comunità; si lascia trascinare dal più ignobile dei demagoghi e non ascolta le parole dei saggi e dei grandi; passa da un accesso di furore oceanico in cui pretende rivendicazioni — anche giuste — coi mezzi più rivoluzionari, ad uno stato di indifferente incoscienza e di fatalistica sopportazione quando è vessata da un regime sanguinario, ingiusto e terroristico.

E il Senato perde, se si comincia a passeggiare fra i rostri e a conversare sotto le colonne, quella regale apparenza che presentava agli occhi di Cinna. Si vede una moltitudine di patrizi, pieni di pregiudizi e di altezzosità, egoisti, che si preoccupano di Roma, per quel che riguarda la loro classe e i loro interessi, ma non hanno nessun pensiero per i Romani, come se Roma e i Romani fossero due cose distinte. E le gelosie e le diffidenze reciproche alterano il loro retto giudizio, e li spingono a operare, in ogni occasione, per secondi fini.

« Si stabilì un patto con gli Ernici, si tolsero due parti del territorio, e una metà fu data ai Latini, e l’altra il Console Cassio voleva dividerla fra la Plebe. Aggiungeva a questo dono alcune terre le quali,