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scuole di eloquenza; fu pretore, sacerdote quindecenvirale, propretore e finalmente, sotto Traiano, console. La vetta delle ambizioni era stata scalata. Dopo lasciò la vita pubblica e scrisse. E il suo soggetto fu triste.

« Prendo a scrivere un tempo pieno di vicende, tremendo per battaglie e discordie, per sedizioni, crudele anche in pace. Quattro principi assassinati: tre guerre civili, molte all’esterno, e per lo più mescolate. Imprese prospere in Oriente, avverse in Occidente: sconvolta l’Illiria, le Gallie vacillanti, domata la Brittannia e tosto abbandonata: i Sarmati e gli Svevi risollevati contro di noi... L’Italia afflitta da stragi nuove o rinnovate, dopo una lunga serie di secoli. Città sprofondate o rovinate, nella zona più fertile della Campania. Roma incendiata, distrutti i templi più antichi, il Campidoglio stesso arso dai cittadini; profanata la religione, grandi adulterî, mare pieno d’esuli, scogli intrisi di sangue... Secolo non però così sterile di virtù da non produrre anche dei buoni esempi »...1 « Ma non mai per più atroci stragi del popolo Romano o per più giusti indizi, si capì che gli Dei avevano a cuore non la nostra sicurezza ma il nostro castigo. »2

Quanto siamo lontani dalla serenità quasi gioiosa di Livio! La vasta pianura si trasforma in una treggiaia chiusa, seminata di rovi e di lappe pungenti, sgradevole al piede. Un’afa insopportabile pesa sul vian-

  1. Tac. Hist., I, 2.
  2. Tac. Hist., I, 3.