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principii e critica in vasari 145


tutte le fantasie fatte sul tema della natura, ma solo a quelle che erano condotte secondo l’insegnamento dei classici. Questo è già come dire che la natura è il fine generico, lo stimolo creativo, e che Vasari più che ai cosiddetti realisti potrebbe essere riavvicinato, dal punto di vista della teoria, ai neo-classici, al Winkelmann, a Lessing. Dire: «riproduciamo la natura con lo stile dei Romani,» non vuol dire soltanto «imitiamo la natura». (La natura in questo caso diventa il fine generico, il sottinteso.) Soltanto un filosofo o un letterato, quando ascolta questa formula, puó far caso della prima parte: «imitiamo la natura» ; un pittore non porge orecchio che alla seconda «con lo stile dei classici». Che la natura sia il primo modello di un pittore, chi puó dubitarne?

Non per nulla, in uno dei suoi proemi, Vasari scrivendo dell’arte, prima della scoperta di tutte le statue greche, dice:

«Quel certo chè, che ci mancava... lo trovarono poi, dopo, gli altri (gli artisti), nel veder cavar fuori di terra certe anticaglie citate da Plinio delle più famose, il Laocoonte, l’Ercole e il Torso Grosso del Belvedere; così la Venere, la Cleopatra, lo Apollo e infinite altre, le quali nella loro dolcezza e nelle loro asprezze, ci piacciono per i termini carnosi e cavati dalle maggiori bellezze del vivo,» e per gli atti, che non in tutto si storcono, ma si vanno in certe parti movendo e si mostrano con una grazio-