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Pagina:Filippo da Siena - Gli Assempri.djvu/248

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carne umana e venire a ricomprare l’umana generazione con tante pene e fadighe e vergogne e morte sì amara, che tu abbi misericordia di me, e non mi abbandonare in tanto pericolo, che pur sai ch’io so’ tua sposa, et ogni mio vitopero e vergogna sarebbe tua. Sicchè io ti prego che tu mi liberi, sicchè io non venga a tanta miseria, e che io non vegga tanto male de la mia città. E cosi perseverando nell’orazione; e dicendo a Gesù Cristo et a la sua Santa Madre queste e molt’altre e consimili parole, venne un Caporale di quella maladetta Compagna, et entrò nel monastero; et andando ne la chiesa, e vedendo questa fanciulla cotanto bella, fu subitamente preso di lei. Et andando verso lei, la prese per lo braccio per levarla ritta. Allora la fanciulla, sentendosi prendare per lo braccio, cominciò a piangere e gridare in alta boce, diceva verso la figura de la Vergine Maria: Oimè! madre mia, aitatemi in tanto pericolo. Oime! madre mia, non mi lassate venire a tanta vergogna e miseria. Oimè! figliuol di Dio, io so’ tua sposa, non mi abbandonare. E con queste e con altre simili parole, faceva a Dio et a la sua santa madre grande lamento. Doppo questo, come Dio permisse, un’altro caporale entrando doppo lui