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Società italiana, e più tardi averne fatto uno special Commentario il signor Gabriele Rosa, pubblicato già nel Politecnico, sull’antichità dell’escavazione del ferro in Lombardia. Nè vi tacqui averne io medesimo ne’ miei scartabelli alcune memorie, che avrei potuto presentarvi quando che fosse, ove aveste creduto potervi tornare di qualche utilià per così fatte ricerche. Ed ora eccomi a soddisfarvi in qualche modo, se non posso bene come vorrei, dicendovi famigliarmente in una lettera ciò che starebbe meglio trattato in una dotta dissertazione.
E innanzi tutto, quanto alle prime origini dell’escavazione massime de’ più usuali metalli quale è il ferro e il rame in alcune delle nostre valli e più specialmente in quella di Scalve e di Bondione, nessuna precisa notizia possiamo averne, ma solo alcuna probabile induzione, dedotta dalla considerazione delle più antiche parole fabbrili usate dai primi lavoratori delle nostre miniere e radicate come parte vitale nell’originario dialetto di queste valli. Parendoci ben avvertito1, che quel popolo, il quale trova un’arte nuova, trovi eziandio le parole che la dinotino, e altri poi la riceva e la usi col medesimo nome originario. Or la più parte dei vocaboli di metallurgia usati dai nostri lavoratori, tranne pochissimi che si mostrerebbero d’origine latina (come discente, menestatore, ceppo, taisare), e alcuni anche più pochi, che apparirebbero d’origine settentrionale (come ghisa, cioè ferraccia che ci fu importata di recente, e che meglio si dice in vernacolo sca, che è la piastra di ferro appena fuso e consolidato), mostransi generalmente di origine greca e orientale. Infatti (come toglievasi già a dimostrare un solerte indagatore di queste etimologie2, dicesi, per modo d’esempio, brasca