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canto terzo 61

Fa che ’l cantor con l’arpa al sonno alletti
490D’Erina i stanchi figli. E tu, Fingallo,
Lascia per poco omai posar sul fianco
La tua spada di morte, e alle tue schiere
Permetti di pugnar: noi qui senz’opra
Stiamci struggendo inonorati e lenti;
495Poichè tu sol, tu spezzator di scudi17
Sei solo, e sol fai tutto, e tutto sei.
Quando il mattin su i nostri colli albeggia
Statti in disparte, le prodezze osserva
De’ tuoi guerrieri. Di Loclin la prole
500Provi di Gaulo la tagliente spada;
Onde me pur cantino i vati, e chiaro
Voli il mio nome ancor: tal fu il costume
Della nobil tua stirpe, e tale il tuo.
— Figlio di Morni, a lui Fingàl rispose,
505Gioisco alla tua gloria: e ben, combatti,
Prode garzon; ma ti fia sempre a tergo
La lancia mia, per arrecarti aìta,
Quando sia d’uopo. O voi la voce alzate,
Figli del canto, e ’l placido riposo
510Chiamatemi sul ciglio. Io giacerommi
Tra i sibili del vento: e se qui presso
Aganadeca amabile t’aggiri
Tra i figli di tua terra, o se t’assidi
Sopra un nembo ventoso in fra le folte
515Antenne di Loclin, vientene, o bella,
Rallegra i sonni miei, vieni, e fa mostra18
Del tuo soave rilucente aspetto.
     Più d’una voce e più d’un’arpa sciolse
Armonïose note. Essi cantaro
520Le gesta di Fingallo, e dell’eccelsa
Stirpe di Selma; e nell’amabil canto
Tratto tratto s’udìa sonar con lode
Dell’or così diverso Ossian il nome.
Ossian dolente! io già pugnai, già vinsi
525Spesso in battaglia: or lagrimoso e cieco,
Squallido, inconsolabile passeggio
Coi piccioli mortali! Ove, Fingallo,
O padre ove se’ tu? più non ti veggo
Con l’eccelsa tua stirpe; erran pascendo
530Cervetti e damme in su la verde tomba
Del regnator di Selma. O benedetta
L’anima tua, re delle spade, altero
Esempio degli eroi, luce di Cona!