Pagina:Fior di Sardegna (Racconti).djvu/129

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le mani sulla spalla di Massimo, o chinando la testa. — E ammetto che tu non faresti nè diresti nulla, ma dopo disprezzeresti tua sorella con tutta l’anima tua, non è vero?...

Massimo sospirò: pensava che Lara forse aveva ragione e chiedevasi se doveva disprezzarla perchè commetteva una leggerezza pur sapendolo, e se doveva amarla di più perchè faceva ciò per amore di lui. Si fermò sull’ultima conclusione. In quel punto Lara gli sembrò la più savia e buona fra le fanciulle, splendida larva d’amore e d’onestà e sentì che da quell’istante l’avrebbe adorata e stimata di più. Non sapendo come meglio esprimerle questi sentimenti, la baciò ancora, ancora...

Ma lei, diventava triste: appoggiò la testa sull’omero di lui e mormorò: — Oh, se potessi morire così! — rinchiuse gli occhi, mentre il giovane la susurrava dolcemente:

— Dormi! Dormi, mia adorata bambina! Ninna nanna!....

Forse Lara avrebbe finito con l’addormentarsi davvero, se uno strano grido non fosse risonato poco lontano. Rialzò la testa e guardò Massimo: entrambi impallidirono lievemente.

— Senti, Lara! Mi pare che ci sorprendano!

Lei ascoltò ansiosamente. Il grido si fece di nuovo sentire più chiaro, più bizzarro; non era voce umana, neppure di animale domestico, nè di uccello. Pure Lara, da buona campagnuola, credè di riconoscerlo, e disse sorridendo:

— E’ il grido della volpe. Non temiamo! Son gli uomini che dobbiamo temere noi... — Tuttavia con un fremito nella voce sommessa, si strinse di nuovo al collo di Massimo.

— Gli uomini! sì, gli uomini! — rispose lui con un sospiro d’angoscia.