Pagina:Fior di Sardegna (Racconti).djvu/161

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i piccoli dolori avuti avevano destato tanta infelicità, che finiva col diventare egoista. Prima di tutto non poneva cieca fede sull’amore sviscerato di Marco: credeva sinceramente a quello di Massimo, e sicura che lui solo la amava al punto di morirne se quest’amore gli venisse contrariato, non sapeva capacitarsi come due uomini nello stesso tempo amassero una sola donna, e pensando che, per giusta logica, Marco non avrebbe poi tanto sofferto nel conoscere l’illusione, si preparò, senza pensarci quasi, ad ingannarlo nella più triste e leggiera guisa.

Tutto andò come doveva andare. Marco chiese in isposa Lara.

Per poco don Salvatore non cadde colpito da apoplessia, tanto fu la sua gioia e il suo contento: che importava se Marco era vedovo e contava il doppio dell’età di sua figlia! Anche fosse stato sei volte vedovo, purchè senza figli cioè senza eredi, e vecchio di sessantanni, don Salvatore ne sarebbe restato contento lo stesso. Eh, che? Marco non era forse uno dei più ricchi proprietari del circondario? Tanto ricco che, anche se si fosse chiamato col nome odiato dei Massari, don Salvatore lo avrebbe accolto lo stesso nella sua casa, deponendo il bacio della pace sulla sua fronte, e Lara fra le sue broccia di sposo.

Donna Margherita ne fu pure lieta: gli uomini erano tutti eguali davanti al suo pensiero. Diventando moglie di Marco, Lara restava quasi nella casa paterna, sempre vicina a sua madre che l’amava assai e per cui il distacco sarebbe stato dolorosissimo.

Dunque, benvenuto Marco Ferragna! — solo la piccola Pasqua, che cominciava ad avere idee sue proprie, scosse la sua bella testa bionda quando seppe questo strano progetto di matrimonio, e guardando fisso co’ suoi grandi occhi d’oro il volto pallido della sorella, sorrise lievemente, lievemente, con uno espressione di dubbio e di mistero....


XXXIII.


«Il nostro cuore è un serpente che divora sè stesso, l’animo nostro un vapore, che i venti si traggono in giro», — cantò Edoardo Rod. — Nonostante l’apparente tranquillità, Marco, Lara e Massimo vivevano come sotto un