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Pagina:Fior di Sardegna (Racconti).djvu/183

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amata si rizzò a un tratto nei ricordi di Lara, offuscando con la sua ombra tutti gli altri profili, e la guardò fissa coi suoi occhi limpidi con un raggio di rimprovero e di domanda. Lara sussultò: per un momento il suo cuore palpitò forte dinanzi alla larva di Mariarosa, ebbe la strana passione di un tempo, e un lieve rossore le colorò il volto pallido. E, come un giorno sui monti, pensò che, se la fanciulla le fosse stata accanto lei avrebbe ritrovato un sorriso di speranza e di conforto, e forse non avrebbe pensato così intensamente a morire. E intanto moriva, e la sua memoria doveva sopravvivere nella mente di Mariarosa come un ricordo sdegnoso, macchiata del sangue di un giovine che l’aveva immensamente amata! — Lentamente, senza far rumore, Lara scese dal letto e, appoggiandosi ai muri prese la lampada e la collocò sul tavolino. Poi alla luce fioca e morente che lambiva il tappeto verdastro con larghi riflessi sanguigni, Lara si mise a scrivere, animata dalla stessa energia che la notte avanti l’aveva sostenuta per giungere all’ultimo convegno con Massimo. Scrisse rapidamente per quasi due ore e avrebbe proseguito ancora, ancora se la febbre non fosse ritornata. Allora la testa di Lara ridiventò pesante, le idee ricominciarono a ballare una ridda fantastica nella sua mente e la sua mano tremò; pure resistè per qualche istante e proseguì, ma il tremito divenne così forte, che la penna le sfuggì dalle dita e macchiò la carta. La lampada moriva; la luce sfuggiva d’ogni verso. Resistè ancora fino a sigillare la lettera che aveva scritto e a mettervi l’indirizzo. Indi si alzò e trascinandosi nascose la lettera fra i guanciali e ricadde sul suo letto col sangue invaso nuovamente dalla febbre, emettendo un gemito.


XXXVII.


Appena Lara si trovò sola con Pasqua, le disse, attirandola a sè e dandole un bacio: — Noi ci siamo amate sempre più di quello che usano le sorelle di questi tempi, non è vero Pasqua?

— Sì! — rispose la fanciulla, con un lampo misterioso negli occhi.

— Dunque non mi negherai un piacere, mia piccola Pasqua, tanto più che è l’ultimo che ti chieggo... e forse