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Pierre Wolff nell’Age d’aimer; Marcel Prévost nell’Automne d’une femme; e prima di tutti costoro Gerolamo Rovetta in Mater dolorosa e Guy de Maupassant in Fort comme la Mort — un solo scrittore ha esposto il dramma del tramonto maschile ancora intenso d’ardori in contrasto colla fresca giovinezza dal fascino irresistibile: Max Dreyer nell’Età critica e ancora, il dramma, letterariamente magnifico e umanamente profondo, non aveva la tristezza mortale di tutti i drammi femminili corrispondenti per il fatto essenziale che il tramonto dell’uomo, se può nei singoli casi complicarsi di contrasti sentimentali magari tragici, non ha mai in sè il carattere d’irrevocabilità che accompagna sempre il tramonto della donna e la fa un poco premorire.
La questione è stata ripresa adesso, sotto un altro aspetto, da una scrittrice nordica, Karin Michaelis, in un romanzo recentemente pubblicato e intitolato: Das gefährliche Alter: L’età pericolosa.
Secondo questa autrice, l’età pericolosa per la donna è fra i quarantacinque e i cinquanta anni. Quello che s’è convenuto di chiamare il temperamento — febbri, nostalgie, desiderî, bisogni — si sveglierebbe quando appunto le