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I gesti disperati e le rivolte inutili appartengono alle giornate che furono tutte caliginose e che soltanto all'estremo crepuscolo il sole illuminò per un attimo comparendo tra le squarciate nuvole prima di tramontare definitivamente, scomparendo ancora quasi subito seguito da una lunga vibrazione di nostalgie, di desideri, di rimpianti. Appartengono alle esistenze che troppo tardi conobbero l'amore, quando già le rose del volto impallidivano e le forze erano ormai stanche; alle povere vite femminili che ebbero la rivelazione della divina gioia contemporaneamente alla constatazione della propria decadenza inesorabile.

Quando avvengono in queste condizioni, i gesti di rivolta disperata diventano tragedia e ispirano profonda pietà. Anche magnifico soggetto di indagine e materia viva di interessante narrazione essi possono diventare, purché l'autore si accontenti di essere il notomizzatore di un'anima e non pretenda di fare — come la Michaelis ha fatto — di un caso speciale l'esponente di una legge o la dimostrazione di una teoria.

Questa teoria generalizzatrice che vorrebbe porre una crisi inevitabile all’orizzonte estre-