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Pentandria Diginia. 47


LIX. Conio. Cal. intiero. Petali inflesso — cordati, ineguali. Frutto quasi globoso. Semi a 5 coste crespe.

81a. C. macchiato. Fusto ramoso, macchiato. Foglie tripartite, foglioline pennato — fesse. Semi striati.

Conium maculatum. It. Ver. Cicuta.

Fiori bianchi da Maggio all’estate. Nei luoghi pingui lungo le strade, e nei Cimiterj. Bisannuale.

Tutta l’erba tramanda un principio velenoso, narcotico, acre e nauseoso, un odor tetro; e la radice stata mangiata in fallo per carota, produsse gravi dolori, assopimento ed altri forti mali; nei quali casi convenne aver ricorso all’emetico, poi all’ammoniaca ed all’etere nella maggior dose, che possa somministrarsi colla prudenza del medico. Il sugo condensato, detto volg. estratto, e l’erba stessa disseccata, dicesi giovar molto nelle ostruzioni del basso ventre, negli infarti delle glandole, nelle scrofole, nei scirri ed altre malattie del sistema linfatico, nella tisi tubercolosa procedente da vizio scrofoloso, nella tabe mesenterica. La dose della polvere e dell’estratto e di gr. j — xx. al giorno; ne hò veduto a prendere fino xxjv. senza alcun effetto. Iddio ci guardi da quei mali ed anche dal rimedio, specialmente quando si vuol unirlo ai muriati di calce e di barite.

Al giorno d’oggi quest’erba è riposta tra i rimedj controstimolanti.