Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/174

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Però, Signor, quant’egli fu piú ingrato
a quei di latte e mèl tuoi pieni rivi,
dégnati piú d’averlo alfín salvato!
E queste mansioni e alberghi, privi
35d’angeli, per superbia lor nel male
eternamente spenti, einpiam de’vivi! —
A tanto amor e grido universale,
anzi al decreto, fuor de’ chiostri fidi
fu Gabriel veduto spander l’ale.
40Va per maggior impresa ai bassi lidi,
come da torre candida colomba,
per poi tornar col cibo ai dolci nidi.
Pronto a venir è Cristo, non di tromba
a suon, a vento, a fuoco, a terremoto,
45non ch’abbia i morti a trar fuor d’ogni tomba;
non gran monarca no, ma vien rimoto
d’ogni grandezza, si che i propri suoi
noi raccorrán, come vii uomo e ignoto.
Giá Cinzia l’auree corna e fredde a noi
50sei volte avea nascoste e sei mostrate
al ventre pieno d’Isabetta poi.
Quest’unica fenice, cui son date
penne a volar tant’alto, ch’alle piante
si vegga il cielo e Palme sue beate,
55stava sola e rinchiusa e a sé davante
i gravi suoi pensier avea raccolti,
con lor volgendo i libri e carte sante.
Giá non han sensi in quelle persepolti
e arcani che si sian, che in spirto quella
60non abbia d’ombre fuor ritratti e sciolti.
Fra li piú interni passi, che rappella
sovente a’cuor l’oracol d’Esaia,
le mette avanti l’unica donzella;
quell’unica di quante mai sen cria,
05Vergine bella, che, di sol vestita,
esser di Dio la Madre degna fia;