Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/180

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Misericordia con Pietá sdiaccia:
hann’abito morello e questa e quella,
d’un ragionar, d’un modo e d’una faccia.
70Vi è Veritade alfrn con la sorella
sua Sapienza, e a braccio vanno dietro
l’altre, ascoltando ciò che si favella.
Vestono azzurro, il qual si tiene al tetro
e fosco alquanto, e di distinte in oro
75stellette è sparso innanzi, a’fianchi e retro.
Molt’altre son, ma non tra questo coro
furono allor che Veritá sul passo
fermossi a dir siccome in concistoro.
Una fra molte volte, cosi a spasso
80andando, avean parlato, queste dive
del ciel lassú, quaggiú del mondo basso.
Ma Veritá, tacendo, con furtive
orecchie udiva il ragionar a tempo
or delle piante morte or delle vive.
85Ruppe il silenzio e disse alfin: — Gran tempo
fu ch’io potea parlar, e pur mi tacqui;
ma dir il ver non troppo è mai per tempo.
So che, tacendo tanto, a voi non piacqui.
Or piú non ammutisco, ch’a dir vero
90e predicarlo eternamente nacqui.
Noi siamo al punto di quel gran mistero,
che delle idee nel barco fra’ piú eletti
tronchi è disposto al principal impero.
Voi queste verghe e rami novelletti,
95onde a natura un bel poder riesce,
ornate di bei frutti, ma non schietti,
ma non sinceri, s’entro vi si mesce
sul fiorir loro un vepre, una mal’erba,
ch’affoga il buono ed in gran selva cresce.
100Quest’è la sapienza dolce e acerba
degli Aristotel vostri, stoici e Piati,
cui non mi diedi mai, perch’è superba.