Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/20

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io, lieto entrando alla ritonda scena
che su da mille e cento braccia gira,
stetti per gran stupor nei sensi appena.
Qui il ciel tutto verdeggia e un fiato spira
35d’odor d’aranci, cedri e limoncelli,
che fingon sparse stelle a chi ben mira.
Le sponde e le pareti, d’arboscelli
e cespi sempre verdi d’ogni sorte,
levan il vanto ad aghi ed a pennelli.
40Due son, ond’entra il popolo, le porte,
ed evvi, ornai entrato, un cerchio assiso
nel catafalco a gradi ordito e forte.
Lume di molte cere, a cui diviso
sta l’alto tetto in un spiraglio tondo,
45a tutti scopre chiaro il paradiso.
Tutti i pastori, c’hanno il capo biondo
la maggior parte, e d’una fascia cinto,
trovansi all’atto di crear il mondo.
Dall’altro il sesso femminil distinto
50stavvi per onestá, né può vedersi
chi d’esse ha volto vero ovver dipinto;
anzi piú che leggiadri gli hanno e tersi,
piú le pudiche per onor e zelo
in tele avvolti ’i tengono ed immersi.
55Io presso al gran pastor del bianco pelo
in un degli altri piú levato scanno
guardavo fisso intorno e verso il cielo.
Tutti con gran silenzio intenti stanno;
ed ecco il finto cielo s’apre e seca,
60e le due parti quinci e quindi vanno.
Una gran massa nebulosa e cieca
di su calando tacita pian piano
alto stupore alli guardanti reca.
Allor mia mente corse al globo vano
65del caos, ch’ebbe nel capace grembo
quanto prima formò di Dio la mano.