Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/211

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CANTO XV

Ode Erode da’ magi la cagione di lor venuta, tínge esserne lieto,
fa grand’onore ad essi e fa chiamare i dottori ebrei.
Non era esposta la cagion d’un tanto
avvenimento ancor, né vi è fuor d’essi
chi di saperla possa darsi vanto.
Erode, che lor vede a indici espressi
5esser di pace obbietti e non di guerra,
gli accoglie, abbraccia e in cuor giá se gli ha messi.
Ch’avvegna egli sia degno andar sotterra,
u’ non mai vegga il sol, pur essa propria
dignitá regia dá, quale non erra,
io Sebben di giusto e pio voler ha inopia,
di delizie non l’ha, ma d’esse a quelli
versato è tutto il corno della copia.
Dentro la gran cittá nei piú alti e belli
soggiorni gli ha corcati, ove in secreto
15si stringe un poco a ragionar con elli.
Or ode Erode alfin un poco lieto
nunzio per lui; di che pien d’ira e sdegno,
noi mostra fuor, mentr’è fra il chiaro ceto.
Poi, toltosi da loro, ornai del regno
20non sospettoso men che per usanza,
riporta un seno d’odio e téma pregno.
Ch’altri venga occupar la regia stanza
forte gli par, se allor non vi provede,
e finge, essendo traditor, leanza.
25Sol con versuzia può ritrar il piede
dal precipizio e pinger tal amore,
qual a coperto mentitor si chiede.
Onda tranquilla e ciel sereno fuore
apre nel lieto e simulato volto,
30ma di dolor tempesta dentro il cuore.