Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/222

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2IÓ IV - la palermitana
Ben fosti, Donna, a prenderla veloce;
or non piú ritrattar si può, ch’a loro
il Figlio è debitor di sangue e croce.
Dieron l’incenso, dièr la mirra e l’oro,
35daranno l’alme a tempo, e noi daremo
il Figlio ad essi in strazio ed in martoro.
Fra tanto a impier la legge tenderemo;
l’abbiamo, com’ei volle, circonciso;
or, per offrirlo al tempio, al tempio iremo.
40Esso poi beffeggiato e alfine ucciso,
dia nuova Legge e nuovo Testamento,
da carne ed ombra e littera diviso. —
Cosi parlava il giusto, al ciel intento.
Poi s’erge, volta a me facendo ch’io
45all’asinelio ponga il guarnimento.
Faccio presto e fedel l’officio mio
con tal fervor, ch’un animai si fatto,
per tal soma portar, esser desio.
Sfrondo una verga e i vecchi arnesi batto
50e della polve scuoto, in cui bisogna
seder Chi l’universo fece a un tratto.
E tu, vii uomo, e tu, lorda carogna,
salire al ciel disegni, e il Re del cielo
seguire in umiltá ti par vergogna!
55lo ricercando vo di pelo in pelo
quel suo destriero, e, s’ulla in lui mi spiace
o via la tolgo, o la ricopro e velo.
Va il giusto intanto ove sott’ombra giace
l’altro animai pasciuto, il drizza e mena
60e ponlo in mandre, ov’egli si conface.
Ritorna poscia, e l’unica serena
del ciel Imperatrice alfin s’asside
nel basto; ed io, vedendo, il creggio appena
Gioseppe le dá il Figlio, e nelle fide
65sue sante mani accetta il dolce incarco,
né mai dal caro sen lo si divide.