Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/70

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Ecco dal fianco destro a noi si mostra
Agrippa bella sopra un elefante,
e fa di ricchi arnesi altèra mostra.
70Dal capo avea fin all’estreme piante
un manto azzurro a bianchi gigli sparso,
ciascun de’ quali abbraccia uno diamante.
E chi le ornò le trecce accolte, scarso
non fu di diaspri, d’agate e rubini,
75si che tal sol non era innanzi apparso.
D’òr similmente un panno avea di fini
smeraldi carco addosso all’animale,
e quel cadea de’ piedi alli confini.
A spalle d’Eritrea questa rivale
So dell’aquila si ferma, e versi piani
senza cantar offerse in modo tale:
— Quel Verbo eterno, il qual dagli occhi umani
s’asconde in cielo, fia palpato in terra
sotto velami a sua natura strani.
85Per tanto parto ecco virtú si sferra
dei nodi antichi, ed Egli, asceso in croce,
trionfa dell’inferno e morte atterra.
Ma pria l’eterno Gaudio in fiebil voce
nascerá infante, e vagirá nel puro
90materno seno, e al ciel girá veloce. —
Compito ch’ebbe, s’apre il verde muro
della diversa scena, ed escon giunte
quattr’aquile grifagne in pel oscuro.
Senza che siano stimulate o punte,
95si menan dietro quattro ruote d’oro,
di minio ed altri bei color trapunte.
Nel mezzo a quelle, onusta d’un tesoro
di bei costumi non che d’oro e perle,
stassi Amaltea, e l’accompagna un coro:
100un coro di Camene, che vederle
fui prima degno, ed ascoltarle poi,
ed or mi cal di sempre in cuor averle.