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CANTO XV Apparizione di due sibille: delfica ed europea.

Dall'orizzonte destro già levata
s era nel cielo una capace barca
su quattro rote e d’un leon tirata.
Delfica è dentro a quella, ch’era carca
di ferro, piombo, stagno e più metalli,
e merce assai di mercadanti imbarca.
Vi son panni vermigli, rossi e gialli;
e quel finto leon tal fascio tira,
qual fora troppo a un paio di cavalli.
Di nuovo il pio vecchione a me s’aggira,
e parla; — Mantovano, se ben sceglio
l’animo in voi, quel più che mai s’ammira.
Ed io; — Se vetro o pur di vetro meglio
qualch’altro trasparente fossi, drento
vedete me, tuttoché stanco e veglio.
Tant’è che veder gioie ed oro e argento
e tante altezze in voi mi par di nuovo
e di fasto regai grand’argomento.
E, s’è pur ver ciò che in scritture trovo,
molser le vacche e cura ebber di gregge
i primi re che usciron dal prim’ovo.
Ma v’era pur malizia e manco legge,
che i duri monti, per fuor trarne l’oro,
mandasse in pezzi ed in minute schegge.
E, perché buoni allor gli uomini fòro,
natura, madre e non, com’or, madrigna,
die’ sempre a quelli in preda il suo tesoro.
Senza vomeri e zappe fu benigna
produr le sacre ghiande al mel uguali,
ch’or dàlle a’ porci nostra età ferigna.