Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/83

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100o di prudenza Chiave e di fortezza.
ch’or apri e serri, come aprir, serrare
sei, da che nacque il mondo, in cielo avvezza;
vien’ schiuder la prigione a’ tuoi, che un mare
di pianto fanno all’aspettarti tanto;
105vien’, dico, vieni, e non voler tardare! —
Queste parole disse il vecchio santo;
ed a lui dopo il nobil figlio ancora
porse allo plettro il suo ben detto canto;
— O Fiamma d’Oriente, o pura Aurora,
110che della notte interna scuoti l’ombra,
dove ogni fosca mente s’incolora;
o quel Sol di giustizia, il qual disgombra
gli erranti sensi, forsennati e vaghi
per la selva mortai di lume sgombra;
115ecco che il mar, le fonti, i fiumi e’ laghi,
l’erbe, le piante, i sassi, ogni animale
gridano: —Vieni ornai;— e, se t’appaghi,
e se darci la luce pur ti cale,
vieni a dar noi quegli aspettati rai,
120che nebbia od ombra mai celar non vale! —
Drizzasi, dopo questo, il non giammai
stanco Giacob in bel nudrir la prole,
che infiniti campò d’Egitto i guai.
Sorgono seco le due mogli sole;
125e con fregiata stola il bel figliuolo:
eantáro a quattro voci tai parole:
— O Re, non oltre re d’un popol solo,
ma Re di quanto il cielo e il mar circonda,
di quanto allunga l’uno all’altro polo,
130per la luce del del, del mar per l’onda,
per le tre spezie d’anime create,
preghiamo il volto tuo non piú s’asconda!
Vien’, freno d’ira e sprono di pietate;
vien’ oggimai con quella tua promessa
35 grazia, dond’alme tante fian servate!