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capitolo ottavo 155


56
— Lasciate a me tal cura — disse il coco —
ch’io voglio far un scorno a quel Rainero;
e condurrò le fraude a cotal gioco,
che lo sturion ne tornará al carnero.
Non voglio dimorar piú in questo loco,
or or mi parto for del monastero;
statene allegro, e non vi date pena,
Gabrino gobbo vi dará da cena. —
57
Partesi dunque mentre che l’abbate
parecchiasi le bolgie per empire;
e mentre si ritrova in libertate,
subitamente corresi guarnire
le vestimenta dal patron usate;
poi cautamente s’ebbe a dipartire;
lo qual si ben ne’ gesti l’imitava,
ch’ognun per monsignore l’appellava.
58
Fra tanto l’arciprete non vaneggia,
anzi pur senza affanno sede a cena;
allentasi dai fianchi la correggia;
ché l’epa vòl sentirsi colma e piena.
Un grande armento e smisurata greggia
empisse a l’anno un cotal orco a pena:
e le piú volte, per star sano, mentre
divora sin a l'ossa, scarca il ventre.
59
Lo gobbo se gli arreca un’ampia supa
di brodo grasso, latesini e panze;
or quivi tutto il mercator si occúpa
empir del magazzen tutte le stanze;
né attende ad altro la discreta lupa
se non che al servitor niente avanze.
«Omnia traham post me», dice ’l Vangelo:
sempre servollo in questo sino un pelo.