Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/174

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168 orlandino

errori a le dotte persone iscusare, dico quanto a l’eleganzia toscana, totalmente di Lombardia (non mediantevi lo studio di essa) da natura rimossa; ma del soggetto e materia di essa operetta immeritamente per colpa d’alcuni sospettosi ipocriti son io d’infamia non poca svergognato; perché, quantunque alcune cose vi siano poste le quali in gravezza de la fede nostra o sia de la sacra scrittura o de li religiosi appaiono essere, nulla di manco la mera intenzione de l’autore non vien in alquanti accomodatamente intesa, la qual è via piú presto inclinata in biasmar li mordaci di essa che morder universalmente la candidissima fede nostra. E in segno manifesto di mia sinciritade quelle pochette bestemie pongo sempre in bocca ad alcuno tramontano, donde li errori il piú de le volte sogliono repullulare. Vero è che da me stesso confermo poi li religiosi d’oggi (non dico tutti) esserne potentissima cagione, la quale non mi curo testé quivi di scrivere, ove solamente a la escusazione e diffensione mia io sono intento. S’io pongo la istoria di monsignore Griffarosto, la intenzione mia non fu però d’alcuna particolaritade conceputa; anzi voglio che sotto l’ombra di esso, eccettuata la reverenzia sempre de l’integerrimi prelati, stiano tutti quanti li simili soi, non avendovi un minimo riguardo a le minacce d’alcuni, li quali, per sua verso me contra ragione malevolienza, di mie calunnie sono seminatori. Ma di molto piú momento potriami parere la sciocca saviezza d’alcuni altri, li quali, di continuo perfumandosi di muschio ed ambracano, cosí a noia e schifo pigliano quella piacevole e risoria giostra mia, ne la quale, sí come ancora in altri passi di essa operetta, fassi menzione di sterco e puzzo, non attendendo loro la persona lorda e vieta e stomacosa d’un furfante, la quale non mi sdegno rappresentarvi, acciò che per mezzo di poter dire baldanzosamente ogni cosa pervegnasi finalmente a la veritade; ché quando d’altra materia non cosí vile io parlassi, lo nome mio appropriato, anzi niuno, vi antiponerei. Pur questa lor alterigia di mente poco mi offende, ché tal opera non composi a simili sputasenni; ma veda chiunque di loro quello che sanno in mio scorno ed infamia scrivere, ché forse udiranno le colonne profetizzare insieme con li pareti di lor vita,