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capitolo primo 17


40
Ne l’inclita cittá, ch’è capo e fonte
de l’alma Franza, dicovi Parigi,
col scettro in mano e la diadema in fronte
regnava Carlo Mano e san Dionigi:
questo di Europa regge piano e monte;
quello tira nel ciel per suoi vestigi
chiunque in l’alta Trinitade crede,
alzando a son di spada la sua fede.
41
Eran di Iano chiuse le gran porte,
e ’l bellico furor posto in catene;
la pace e libertá con bella sorte
ivan d’invidia sciolte e senza pene,
le quali de’ tiranni ne le corte
riposto avean lor speme ed ogni bene;
ma dove ambizione e invidia regna,
difficil è che mai pace si tegna.
42
Quanto mai cinge ’l mar e vede il sole,
tre capi coronati avean diviso:
quinci Mambrino, maladetta prole,
tien tutta l’Asia e brama il paradiso
(ché quanto piú s’acquista piú si vuole
e chi non sa rubare vien deriso);
quindi Agolante l’Africa si gode,
e pur non esser Dio del ciel si rode.
43
Ah maladetta rabbia d’avarizia,
ch’ogn’ordine sovverte di natura,
che per servar tra’ popoli amicizia
interpose de’ regni la sgiuntura,
de’ mari, fiumi e monti; e la malizia
tosto ruppe de’ termini le mura!
però l’Italia non piú Italia appello,
ma d’ogni strana gente un bel bordello.

T. Folengo, Opere italiane. 2