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selva seconda 273


le passioni di quello arciero, per cui giá tanto cantai ch’ora ne son roco e imbolsito?

Limerno. Troppo til credo, ché ’l fiasco per soverchio bere consuma un corpo. [«Copia vini et tentat gressus debilitatque | pedes». Virg.]

Merlino. Anzi lo bere fa bona ed espedita voce.

Limerno. Ed anco li quattro fa parerti otto. Ma dimmi: soni tu d’altro instrumento che di fiasco?

Merlino. Ecco lo sacco.

Limerno. Per la croce di Dio! tu dèi essere un boia.

Merlino. Che voi dir boia?

Limerno. Un mastro di giustizia, al quale si dá per sua mercede tre libre di piccioli e un sacco.

Merlino. Ma non gli dánno però la piva drento.

Limerno. Tu dunque vi tieni drento la piva?

Merlino. Eccola.

Limerno. Gonfia, ti prego!

Merlino. Lirum bi lirum. Vuoi ch’io ti mostri s’io so meglio di te cantare?

Limerno. Aspetta, prego, ch’io prima dirò ne la cetra, e tu con la piva mi succederai.

Merlino. Io ne son molto ben contento. Ma dimmi in lombardo stile, ché non t’intenderei toscano.

Limerno. Farollo veramente. Odi un endecasillabo del sonno:

Huc, huc, noctivage pater tenebrae;
huc som....

Merlino. Taci lá! questo mi par latino, e non lombardo.

Limerno. Anzi e’ lombardi fanno pessimamente, partendosi elli da gli antiqui soi maestri di lingua latina, quando che lo materno parlare tanto rozzo e barbaro gli sia. Onde s’io considero chi di Mantoa, chi di Verona e altri luoghi di Lombardia nacque, [Virgilio, Catullo, Plinio.] dirò che ’l proprio parlare de’ lombardi saria lo latino.

Merlino. Or ben conosco che sei uomo vano e smemorato, [Proprium vanitatis.] ch’ora contradici a la openione tua innanzi detta. Anzi lo proprio de’ lombardi è lo barbaro, da’ longobardi derivato: ma di’ meglio (forsennato che tu ti sei!), che ’l proprio idioma de gli abitatori di Lombardia sarebbe lo latino, perché Lombardia non

T. Folengo, Opere italiane. 18