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284 caos del triperuno


non è fiore, non è pianta, non è fonte, che impetuosamente non stracciassi, svellessi e disturbassi. Statene dunque, o de’ miei secreti consapevoli, statene taciti e quieti, ma non sí taciti e quieti che le rime mie, le quali ora sono cantando per isfogare, non subito le riportati e recantati a le sue divine orecchie. E perché voi avete ad essere miei fidelissimi compagni, consequevolmente voglio che d’ogni mio secreto voi siate participevoli.

Io dunque meritar puotei la entrata di questo santissimo giardino allora quando la fama sola d’una non pur bellissima ma prudentissima madonna mi cocque le medolle, lo cui bel nome voi ne’ capoversi di questo succedente sonetto potreti conoscere, lo quale giá lo fido mio Falcone nel scorzo di quel frassino intagliando scrisse:

G loriosa madonna, il cui bel nome
I n capo de’ miei versi porrò sempre,
V orrei pur io saper de quali tempre
S ian que’ vostr’occhi neri ed auree chiome!
T rema ciascun in lor, mirando come [«Pulchra facile amatur, foeda non facile concupiscitur». Hier.]
I vi sia la virtude, che distempre
N ostra natura e ’n ferro i cuori tempre,
A cciò piú di leggier lor tiri e dome.

D i calamita dunque se non sète,
I n voi di cotal pietra è forza almanco
V ivace sí, ch’ogni materia liga.
I o tragger vidi de’ vostr’occhi al rete
N atura, Amor e ’l Sol di sua quadriga.
A ltra simile a voi chi vide unquanco?

LIMERNO

Mirabilissima è per certo di costei la beltade e cortesia, la cui fama sola (or che fa poi la presenzia?) puote di luntane contrade altrui ricondurre a vedere e contemplare la tanta lei vaghezza, la tanta lei graziosissima onestade. Laonde chiunque