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selva terza 365

TRIPERUNO


Piú tosto il sol fermarsi e ’l mar asciutto
forse vedrò, che mai contra la voglia
cosa mi faccia di chi move ’l tutto.
Ma scoprimi tu giá (quando che foglia
mai senza tuo vigor non penda in ramo)
quanto sii vaga e bella sotto spoglia!

NATURA


Qual pianta, qual augel, qual fiera piú amo
di te, saggio animal? Però mie cose
io piú mostrarti, che tu veder, bramo.
Voi dunque, freschi rivi, piagge erbose,
opachi colli, cavernosi monti,
campi de gigli, de ligustri e rose;
voi, rilevate ripe, laghi e fonti,
riposte valli, ruscelletti e fiumi,
ch’anco miei segni non gli avete cònti;
anzi del ciel voi fiammeggianti lumi,
quella vertú spandete a l’uomo nostro,
ch’omai l’assenni e del mio ben l’allumi!
Nel cui servigio mosse l'esser vostro [«Sunt nonnulli ex terra homines, non ut incolae et habitatores, sed quasi spectatores superarum rerum atque coelestium». Cic.]
un Dio: però ch’ei sol v’intenda lece,
al qual faceste un altro piú bel chiostro;
chiostro di tante stelle ornato in vece
d’un bel trapunto, ove specchi e gioisca
le quattro e sette lá, qua l’otto e diece.
E quanto su contempla e giú, sortisca
in grazia tal, che lo ’nteletto pigli
non men de l’occhio, e par a lui salisca.