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selva terza 377


LA PORTA


«Uomo, che vedi a quanto onor ti degna [Natura divina et humana.]
l’altissimo Fattore,
or entra ad obbedirlo, acciò che ’l cuore
da te giá dato in grazia ti ’l mantegna!
Ma ne la gioia tua, ch’avrai sí lieta,
fa’ che raffreni accortamente; cui
non repugnando, provarai col male
quant’era il ben, anzi che l’un di dui
pomi gustassi. Ché se Dio ti ’l vieta,
toccar non déi, per non venir mortale.
Dal serpe il piede e dal legno fatale
se non vieti la mano,
ecco d’un legno more il ceppo umano, [Ut qui in ligno vincebat, in ligno quoque vinceretur.]
e un legno per sua croce Dio non sdegna!».

TRIPERUNO


Queste parole, trapuntate in oro,
sopra la porta, in un bel smalto, lessi;
ma i fregi e gli archi ed ornamenti loro
sono di fine gemme carchi e spessi.
Entrovi lieto per sí bel tesoro,
e in cerchio con le mani esser rannessi,
d’angioli pargoletti e nudi un stolo
vidi scherzando volteggiarsi a volo.

E su per merli e for de gli balconi,
quei di diamante e questi di cristallo,
mill’altri con diversi canti e suoni
muoveno d’altri tanti un lieto ballo:
arpe, laúti, citere, lironi,
senza mai farvi punto d’intervallo,
addolciscon le orecchie d’uditori
al nome c’hanno impresso dentro i cuori: