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capitolo secondo | 39 |
56
Sí come avviene, par ch’ognun s’appaghi
di far l’amico scorocciarsi alquanto;
ma non gridate piú, ché da imbriaghi
cotal giostra non dé’ proceder tanto;
sará chi ’l scotto innanzi sera paghi,
se non me ’nganno, e poi darassi vanto
(quel che si vanta sempre lo spagnolo),
aver vittoria un tratto senza duolo.
57
Se noi «baghe di vino» e «bottaglioni»
chiamano, dican questo a quei di Franza
perché di Carlo i dodeci baroni
sono, for che la stirpe di Maganza,
scesi da Roma, da que’ Scipioni,
Corneli, Fabi, o d’altra nominanza,
ché Cesare, espugnando in questa parte,
lasciovvi assai del popolo di Marte;
58
e di cotesto poscio farvi fede
col testimon del vescovo Turpino,
che un libro vecchio e autentico possede,
lo qual Silvestro scrisse a Costantino,
ove la nostra origine si vede:
Mongrana, Chiaramonte e di Pipino.
Non siamo ispani, franchi né alemani,
non arabeschi, no; ma taliani.
59
Italia bella, Italia, fior del mondo,
è patria nostra in monte ed in campagna,
Italia forte arnese che, secondo
si legge, ha spesso visto le calcagna
de l’inimici, quando a tondo a tondo
ebbe talor tedeschi, Franza e Spagna;
ché se non fusser le gran parti in quella,
dominarebbe il mondo, Italia bella. —