Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. I, 1912 – BEIC 1822978.djvu/161

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angelo s. al lettore 155


nella sua calma, e stava in atto d’abbandonar l’arpa ed alzarsi: ma egli a forza la rattenne e la scongiurò tremando a proseguire. Teresa raccolse tutto il suo spirito, ed, asciugandosi le umide ciglia e la pallida guancia, prosegui:

               Ah, per pietá lasciatemi,
          astri crudeli e torbidi,
          lasciatemi il mio ben!
               Se lo sapeste!... oh Dio!...
          egli era l’amor mio!...
          l’idolo del mio sen!
               Silenzio!... io sento un mormorio piacevole
          ed un lontan sospir...
               Questa è del mio pastor la voce fievole!
          vedetelo morir!
               Ombra cara, t’arresta: anch’io son teco;
          teco, mio ben, verrò!
               Teco, sotto quel sasso e quello speco,
          pace e riposo avrò!
               Ma tu taci!... mi guardi!... e passi intanto!
          mi lasci sola e m’abbandoni al pianto?
               Sulle cime del monte nemboso,
          sulle rive del fonte muscoso,
          ombra ignuda, piangendo starò.
               Se mai erri fra il muto mio sasso,
          su vi spargi un sospiro d’amore,
          un sospir lamentevole e basso,
          e un momento felice sarò!

Qui Teresa s’arrestò e tacque: tutta innondata di pianto, volea pur comprimere i suoi profondi sospiri. Indarno! Fisamente sogguardava in atto di tenera pietá l’infelice Iacopo, ora pallido, ora avvampante, or furibondo. Le si oscurarono i sensi, e, lasciandosi svogliatamente cadere l’arpa di mano, ripiegò un poco, quasi svenuta, fra le braccia dell’amico. No: che amore giammai presentò una vista sí dolce e commovente! Giaceva essa mollemente appoggiando il capo fra l’omero destro ed il collo dell’amato giovanetto; una sua mano posava con forza sopra il di lui cuore e lo premea soavemente; coll’altra, talor schiva e sdegnosetta, respingeva, ma inutilmente, i di lui labbri, avidi di baci. Le sventolavano intanto all’aria i suoi negri capelli; il leggiadro velo scomposto, cedendo alle scosse violente de’ suoi palpiti, scopriva