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158 ii - vera storia di due amanti infelici


che manca e s’estingue. Qual altra cosa in tutto l’universo mantiene ancora per pochi minuti la mia miserabil esistenza, se non che il pensiero solo, la sola memoria della mia Teresa?... Ma piú poco m’avanza!...

Per pietá, mi perdona..., per pietá! o celeste angelo, se osai... Mi s’agghiaccia il sangue nel ricordarlo!... Ma quella voce, quel suono, quelle lagrime, quegli occhi, il vivo caldo delle tue guance, i respiri della bocca, i palpiti del tuo seno m’acciecarono, mi accesero, mi bruciarono tutto. Io colsi de’ baci, m’immersi nel delicato candore di quelle membra leggiadre! Tu pur mi ti mostravi dolce, pietosa, e l’amore ti traspirava dalle umide pupille! Io godeva e penava; in seno della desiata felicitá, tremava, infuriava, gemea. Tanto è vero ch’io son condannato da crudele destino a viver sempre infelice! Ma «scellerato»! Questa terribil parola ancor mi rimbomba cupamente all’orecchio e mi trafigge. Sorge dal profondo del petto un atroce rimorso, che mi sgrida. — Hai cimentato la sua virtú, e profanati quei labbri su cui riposano i celesti geni! — Teresa! io saprò vendicarti, espierò una colpa... Gran Dio! e questa è colpa? E sono dunque delitti le voci del sentimento, i fremiti dell’amore, le scosse della natura? Che ne dice il tuo cuore, o Teresa?... Forse, chi sa?... ti penti di quell’amaro rimprovero, e concedi, io spero, una lagrima al giovane infelice... che t’adorava..., la cui anima bollente seppe scordarsi, un primo ed un solo istante, il religioso rispetto, che sempre, e tu ’l sai! riverente ed umile ti portò. Oh... rimembranze!

Ho meco di piú, oltre la tua lettera, anche un piccolo monile, che racchiude il tuo gentile ritratto: lo trovai nel giardino dopo la tua crudele partenza. Ti ricorda che l’altro ieri mi lasciasti la dolce lusinga che un giorno poi me lo avresti donato? e mentre te lo chiedeva con tanta ansietá, sorridendo mi replicavi: —Sì... un giorno? — Vedi se il cielo, fra tanti affanni, mi manda un raggio di salute!... O forse fu la soave tua tenerezza, la qual, con arte pietosa, volle lasciarmi un gentile pegno d’amore e un sollievo dolcissimo negli estremi miei diì? Comunque sia, colgo avidamente sì bella occasione. Ah, lasciami, o divina Teresa, pe’ tuoi begli occhi io te ne priego, mi lascia questo tesoro, ch’io copro di lagrime e di baci! Fosse vero (ciò che ci disse un giorno l’innamorata Ernestina, e lo dicea con tanta ingenuitá e tanta grazia!) fosse vero ch’egli potesse trasferir ne’ tuoi sensi tutti i movimenti e le illusioni de’ miei! Allora... oh...! Ma non senti tu il vezzoso tuo volto