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184 ii - vera storia di due amanti infelici


pasto infelice de’ vermi. Il cielo non m’ha concesso la desiata sorte d’essere sepellito in un qualche angolo di terra non lontano dalla tua vista: allora avrei potuto sperare che tu, passando talvolta, concederesti una lagrima d’amore... o almeno di pietá, e getteresti un qualche fiore od alcune erbette sulla mia fossa. Ma non m’ami tu forse? Sí: ancor mi sovviene del tuo pianto, de’ tuoi baci... Oh Dio! che dolorose memorie a un povero disgraziato, che muore! Tu pregami pace, pace...

Ho giá ricevuto la tua ultima lettera... fatale! Ah! perdonami, Teresa; perdona all’impeto cieco d’una passione, che non vedea, non conosceva altro Dio che te sola... Sento ancora che il mio cuore combatte diviso fra Dio e Teresa!

Quel ritratto... quell’amato ritratto è tuo: lo riceverai... forse... intriso del mio sangue.

Addio: l’ora s’appressa; pochi minuti... e non sono piú. Non sono piú! o Teresa, no!... Addio.


Mi sono affacciato al balcone: oh, come trista è divenuta la notte! Piú non si vede una stella; negri nembi fasciano all’intorno la luna; un’urlante bufera schianta i rami delle querce e orrendamente mugge fra gli arbori del bosco; i spessi lampi squarciano il denso grembo delle nubi e fiammeggiano di luce atra, sanguinosa. Che oscuritá!... che orrore! Ti guardo per l’estrema fiata, o Natura; e ti trovo agitata..., dolente. È questo il lamentevole addio, che mi dái? è questo l’addio doloroso degli elementi? Io ti lascio, o Natura: tu gemi!... Calmati, madre pietosa e dolente: ricevi nel tuo seno la frale spoglia d’un infelice.


Tu, amico Angelo..., mi chiuderai gli occhi! Quante lagrime, il so, non ti costerá il terribile e duro uffizio. Il cielo t’inspirò forse ad essermi compagno nelli ultimi miei momenti, per conoscere quanto crudeli ed amari sieno i frutti delle umane passioni. Contempla il mio fine, e vivi giorni piú lunghi e meno sventurati de’ miei.

Farai sepellire il mio corpo nell’erto del monte, a piedi di quel cipresso, segnato..., ahi di qual nome! su la corteccia; e lá pur giace un misero pastore, cui amor trasse alla tomba. Le nostre ombre dolenti s’abbracceranno, mescendo assieme le lagrime e i sospiri.