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VI. Werther e Ortis

Assai delle opinioni riferite nel paragrafo antecedente sarebbero, con poca mutazione, applicabili al Werther e all’Ortis. Ma la piú forte questione verte: «Se il libro italiano sia imitazione»; e, in questo caso, «se ceda o sovrasti al modello». Fu chi, non potendo fondare le sue congetture sopra fatto veruno, si studiò di cavarne delle probabili da una ipotesi, ed è: che alle volle si trovano due figure umane sì fattamente simili l’una all’altra, da non poterle a prima vista discernere. E, non ostante la diversitá delle loro patrie e della loro educazione e degli accidenti, che hanno in quegli individui eccitato differenti passioni e modo differentissimo di sentire, ed hanno quindi variamente alterato la tensione e il moto de’ muscoli ne’ loro volti, s’è pur costretti ad ammirare la volontá della natura, la quale serba patenti sempre in que’ volti le somiglianze; e non solamente nelle parti, nella forma e nel permanente carattere, ma non di rado anche nelle variazioni accidentali della loro fisonomia. Non si può dunque trattar come assurda l’ipotesi che la natura abbia voluto creare degli individui dotati d’organi intellettuali della stessa tempra e dello stesso vigore e con la stessa tendenza, i quali osservino le cose umane a uno stesso modo e ne ricavino le medesime conseguenze, e quindi le esprimano con le sole diversitá degl’idiomi che scrivono. In questo caso è probabile che due autori, senza che l’uno abbia mai conosciuto l’altro, né lette le opere sue, compongano due libri dove si ammiri in tutte le sue parti ed in tutti i suoi moti la stessa fisonomia di anima. La probabilitá si convalida allorché tutti e due non narrano se non cose le quali accadono quotidianamente e in molte famiglie d’ogni paese. E la probabilitá acquista de’ gradi di certezza, se questi autori esprimono affetti che hanno provato o attentamente esplorato negli altri. Finalmente, ove i due libri, simili in tutto il resto, siano dissimili in alcune parti piú essenziali, e che portino il marchio di certi distintivi d’ingegno e d’animo originali e assolutamente individuali, la certezza delle congetture diverrá tale, che bisogneranno de’ fatti a distruggerla. Quindi il critico ammette