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DISCORSO TERZO

di conone e della costellazione berenicea

i. Dalla metamorfosi della chioma di Berenice in costellazione, a noi giunta con tanti documenti storici1 dalla men remota antichitá, acquista fondamento questa opinione: che i simboli fossero scrittura compendiosa della storia, la quale era trasferita dalla terra al cielo; onde piú si conoscerebbe l’etá del mondo chiamata «favolosa»2, se si potessero sapere tutti i simboli delle costellazioni. La quale lingua de’ simboli, usitata presso molte nazioni3, fu, inventati gli alfabeti, politicamente riserbata come ereditá propria a’ sacerdoti ed a’ principi, i quali nascondevano al volgo la filosofia della storia4. Varranno queste sentenze a confermare ciò che diremo intorno alle deificazioni5. Trovo l’astronomia negli antichi tempi utile alla navigazione6

  1. Vedili citati nel Disc. III, cap. v.
  2. Varrone divide gli annali degli uomini in incerti, favolosi ed istorici.
  3. Hieronymus, in Evangelio Matth., cap. 18. Pherecides (antichissimo autore), apud Clem. Alexand., lib. v.
  4. Diodoro siculo, lib. iii, cap. 3. * Le tribú emiariti, abitatrici di una parte dell’Arabia felice, aveano un dialetto lor proprio (gli ὁμηρίται di Tolomeo). Se s’ha a credere ad Albou-l-feda, geografo arabo, queste tribú regnarono quasi sopra tutta l’Arabia e la Persia sino da 1698 anni innanzi l’èra di Cristo. Sino all’etá di Maometto il dialetto degli emiariti fu per antichissime leggi vietato alla conoscenza del volgo e degli stranieri, ed i caratteri non erano scritti e letti se non dai primati delle tribú (Dècade égyptienne, num. 8, voi. 1, p. 275). Cosí oggi il dialetto comune de’ turchi è da lunga antichitá diverso da quello con cui scrivono i principi; e questo pure de’ principi ha nel serraglio molte dizioni e cifre recondite e riserbate a quei che tengono la somma del governo.*
  5. Considerazioni al verso 54 (Considerazione IX).
  6. Dionisio il geografo, versi 232 e sg. Virg., Georg., i, v. 137.